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Lo sport non è un premio

“Vai male a scuola, quindi non vai più a calcio!”.
Ecco una frase molto comune che echeggia spesso nelle famiglie con ragazzi/e che fanno sport. E’ educativo lo sport? Educativo significa favorire far emergere e stabilizzare competenze di vita in senso lato e non solo sportivo, sapendole poi usare adeguatamente. Se siamo d’accordo su questa premessa, è naturale pensare che se io privo dello sport tolgo dal mio arco una freccia che concorre alla possibilità di educare.
In questo quadro si inserisce perfettamente la ridda di punizioni che i genitori sanciscono per i loro figli, spesso tradendo poca fantasia e attenzione verso certi dettagli. Punizioni alla cui consuetudine –va detto- i ragazzi stanno addirittura abituandosi, mettendo così in pericolo l’efficacia dell’intento che le aveva fatte scaturire inizialmente.
“Vai male a scuola, quindi non vai più a calcio!”. Il senso è: non fai una cosa dovuta, importante, allora ti tolgo ciò che più ti piace, lo sport.
Soffermiamoci sul fatto che lo sport può aiutare l’attività scolastica almeno per cinque ordini di motivi: aiuta ad organizzarsi, insegna a recuperare energie, insegna a gestire le risorse, aiuta la concentrazione ed abitua allo sforzo prolungato. Nello sport tutto questo esiste e nella scuola pure, o no?
Chi ha la ricetta vincente alzi la mano, per favore! Nessuno dice che trovare le contromisure più adatte di volta in volta a mandare ogni tipo di messaggio sia semplice. Ma certi messaggi vanno mandati, anche con l’utilizzo delle cosiddette punizioni. Non è sbagliata l’idea per cui a cosa brutta corrisponde un contrappasso negativo ed a cosa bella ve n’è invece uno piacevole.
Pensandoci, però, se la punizione è scollegata rispetto alla manchevolezza compiuta la cosa non ha molto senso: che c’entra lo sport, se a scuola prendo dei brutti voti? A rinforzo ulteriore ci sta che quasi mai è verificata l’equazione che dice: non ho tempo per studiare perché quel tempo preciso lo utilizzo a fare sport. Suvvia, non mettiamo la testa sotto la sabbia. I voti non sono buoni per tutta una serie di situazioni, fra le quali spesso lo sport sta addirittura in coda alla fila dei potenziali colpevoli.
Non c’è rendimento scolastico? Si provi a trovare il modo di farne pagare il fio … che ne so … dovendo comporre un tema su quanto fatto nella giornata al posto dello studio mancato, o relazionando puntualmente per iscritto su quanto accaduto a scuola. O comunque aumentando un compito, una cosa da fare, non togliendola. Se tolgo tendo a deresponsabilizzare, anche verso precisi impegni assunti, ad esempio con la propria squadra. Occhio a non nutrire il ragionamento utilitaristico del ragazzo/a che potrebbe addirittura essere: meglio così, chi se ne importa, me ne sto più tranquillo, ho una cosa in meno da fare.
Né cambieranno le sorti di quell’andamento scolastico le urla di incitamento allo studio di mamma e papà in quei pomeriggi a casa. Meglio qualche rinforzo positivo che arriva al ragazzo/a dai genitori che hanno saputo toccare le giuste corde, cercando magari di trovare insieme al figlio/a un efficace metodo di studio, motivante e capace di smuoverne l’apatia.
Del resto, anche un adulto non va a fare la sua pedalata serale specificatamente per premiarsi della buona giornata lavorativa appena conclusa. Lo fa perché gli piace e basta. Né –di contro- pensa minimamente di rimanere a casa per punirsi, visto che quel giorno non è riuscito a chiudere un importante contratto. Anzi, proprio con quella pedalata egli probabilmente recupererà umore e si ricaricherà in vista della giornata seguente.
Se lo sport è visto come un premio si tende a sminuire la sua valenza. Nell’essenza del termine premio c’è il germe dell’eccezionalità e della ricompensa ad un qualcosa che invece dovrebbe far parte del vivere quotidiano, senza avere nessuna straordinarietà.

Marco Stoini