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Il giocatore del 2030: quello bi-fasico

Fra alcuni anni se un giocatore non sarà saldamente bi-fasico sarà un giocatore mediocre. Il giocatore bi-fasico è quello che sa fare le due fasi di gioco, possesso e non possesso; addirittura -volendo- le tre fasi, compresa la transizione, quando cioè si passa da una fase all’altra. Sono finiti i tempi della specializzazione spinta del momento difensivo o offensivo; sono finiti i tempi del “bravo quando ha palla, ma … sai, quando deve difendere … !” O viceversa. Dal portiere al centravanti, tutti dovranno essere attivi ed efficaci sia quando si attacca che quando ci si difende: oggi chi lo è già si riconosce subito. Fra qualche anno chi non sarà così finirà ai margini del calcio di qualità. Il calcio che noi vogliamo trasmettere oggi ai nostri giovani è un calcio tecnico, di dominio, collettivo e totale. Che significa? La tecnica serve non per dimostrarsi bravi a trattare la palla come fanno i freestyler da semafori, bensì per risolvere situazioni di gioco, per fare giocate efficaci. Dominare il gioco significa “giocare noi”, cioè imporci giocando palla quando l’abbiamo, ma anche condizionare attivamente gli avversari con i nostri atteggiamenti quando sono loro ad avere il possesso. Gioco collettivo significa sì giocare armonicamente in 11, ma prima ancora vuol dire che corrono e partecipano tutti laboriosamente, inclusi i più bravi; anzi, loro più degli altri. Gioco totale significa che tutti sanno fare tutto. Significa, ad esempio, che il portiere inizia a giocare con il compagno vicino e poi si propone per ricevere un suo passaggio per costruire, senza rintanarsi in porta a difendere il nulla; significa che il centravanti cerca di intercettare i passaggi fra i difensori avversari e, se richiesto, rincorre l’uomo che fino a due secondi prima aveva francobollato lui; significa che il centrocampista che scala sulla linea difensiva sa bene cosa fare in posizione di centrale dietro e non si mostra lì come un pesce fuor d’acqua. Questo è il giocatore moderno di cui c’è sempre più bisogno e che i formatori giovanili devono crescere. Il gioco del calcio è un tutt’uno inscindibile, non si spezzetta e si affronta nella sua globalità. I suoi interpreti devono avere competenze ad ampio spettro. Chi pensa che tutto ciò annacqua le qualità specifiche dei ruoli e dei giocatori che quel ruolo interpretano, sa poco di calcio, sia di quello passato che di quello presente, né sa immaginare quello futuro. Si dia un’occhiata -che ne so- alla nostra nazionale Campione del Mondo del 1982, soffermandosi sulle competenze individuali di qualche giocatore: Gentile, Scirea, Tardelli, Antognoni … . Ma … quanto moderni erano?! Ma … come giocava Gentile su Maradona o Zico? Oggi si marca diversamente, o no? Poi, in altri momenti, c’erano anche Rivera, o Roby Baggio … o Pirlo. E … Cristiano Ronaldo, Messi, c’entrano qualcosa? Oggi abbiamo i Bastoni, i Barella, ma anche i De Bruyne o i Neuer. Domani invece avremo Filippo, Mattia, Giulia e Sara, gli Esordienti che stiamo allenando adesso. Quindi, le differenze? Come ci orientiamo in questa selva di calcio vintage, contemporaneo e futuro? A chi dicesse che non si possono fare questi paragoni bisogna spiegare delle cose, per chiarire. I confronti ci sono, eccome! Però noi vogliamo arrivare lì, al giocatore del 2030. … sempre che si voglia alzare l’asticella, ovviamente. Se viviamo di soli ricordi e di routine pallonara il precipizio dell’anonimato è molto più vicino rispetto alla vetta della qualità. Ci mettiamo un attimo a scivolare; a scalare si fa più fatica, ma poi quel che si vede da lassù … è una meraviglia!

Marco Stoini